Perchè i Social Media deludono le aziende...

...o, detta più correttamente, perchè le aziende (del vino, ma non solo) falliscono così spesso nell'uso dei social media.

Spesso ci capita, come consulenti, di dover tenere lezioni a imprenditori e professionisti della filiera del vino sull'uso dei social media. Tutto bene quando ci chiedono di organizzare un corso di alcune ore (almeno 8). Ma questo succede di rado, perchè la gente non ha tutto quel tempo - e soprattutto, non ha tutta quella voglia d'impegnarsi per imparare o approfondire cose che ritengono essere semplicissime, visto che (pensano/dicono) "i ragazzi le maneggiano con disinvoltura"...

Potremmo dire che già questo atteggiamento mentale è una buona premessa per un fail assicurato... ma non lo diremo.

Cercheremo invece di evidenziare quali sono gli errori più frequenti che un'azienda commette quando si avvicina al mondo dei social media.

1) Confondere strumenti con obiettivi. Per dirla chiaramente: Facebook non è un obiettivo. E nemmeno Twitter, LinkedIn o Foursquare. Nessun social media  è un obiettivo, ma solo uno strumento. La differenza tra i due concetti è analoga a quella che c'è tra un'auto e Parigi.  L'auto mi serve per raggiungere Parigi, la mia destinazione. Dunque, aprire un account su Twitter o una pagina Facebook senza sapere perchè (o peggio, per non sentirsi da meno degli altri, perchè lo fanno tutti) è ugualmente stupido (e una perdita di tempo) quanto campeggiare in auto, anzichè in un camping (o in un hotel), a Parigi. La prima domanda da porsi perciò è la seguente: perchè voglio usare i social mediaqual'è il mio obiettivo?

2) Illudersi che i social media servano a vendere di più. Ripetete con me: "Si chiamano social media, non selling media!". Un miglioramento delle vendite grazie ad un accorto uso dei social è un effetto collaterale sempre desiderabile e auspicabile, ma necessita di alcuni prerequisiti: un prodotto ben fatto e ben posizionato, per esempio, e una rete commerciale ben inquadrata, efficace e distribuita. Questo per dire che, se un'azienda ha problemi di natura produttiva e/o commerciale, il web NON è la soluzione migliore... 

3) Credere che siano LA soluzione ai propri problemi di comunicazione e marketing. Il social media perfetto non esiste. La soluzione definitiva, nemmeno. La taglia unica, neanche. Il web offre un paniere di strumenti in costante evoluzione ed espansione: quello che funziona per qualcuno, per altri è inutile, o inopportuno, o ridondante. Tutto dipende dall'obiettivo che ci si è posti (v. punto 1): il web permette di studiare e mettere a punto delle strategie su misura, ma la ricerca del set di strumenti che fa al caso proprio richiede tempo e sperimentazione. Non solo: nella maggior parte dei casi, i social non bastano; l'attività online va completata e integrata con quello che si fa offline

4) Credere che siano mezzi veloci. Non lo sono. Soprattutto, non sono bacchette magiche: chi non semina, non raccoglie. Nè oggi, nè mai. Vale per l'agricoltura, e vale per il web. Se non si è attivi nei social, non ci saranno ritorni sull'investimento (di tempo, soprattutto, e di energie. A volte anche di denaro). Essere attivi vuol dire partecipare alle conversazioni; vuol dire essere interessanti, divertenti, utili. Uno sforzo che richiede pianificazione, impegno, tempo. E quintalate di pazienza: i primi risultati di un lavoro ben progettato cominceranno a vedersi nell'arco di qualche mese, ma per avere un quadro più completo della situazione e una serie di dati su cui poter lavorare, è consigliabile aspettare almeno un anno. Meglio se 2 o 3. Il motivo è banale: la rete è veloce, gli utenti umani, no. Hanno bisogno di tempo per capire, conoscere, relazionarsi, imparare...

5) Credere che basti un'introduzione di un paio d'ore per capire tutto e mettersi al lavoro. Vedi punto 4. Occorre tempo per capire come funzionano questi strumenti, per stabilire obiettivi, tracciare una strategia, definire gli strumenti e iniziare a usarli. La fretta non è mai una buona consigliera, ma in questo caso gioca anche contro l'efficienza (e l'efficacia).

Ciò premesso, appare chiaro come spesso le aziende del vino, per limitarsi a questo settore, si rendano protagoniste di un duplice errore di valutazione: da un lato c'è chi sottovaluta e minimizza (a suo rischio e pericolo) il peso e la portata di questi nuovi mezzi sociali, dall'altro c'è chi li sovraccarica di aspettative. Sono due punti di vista molto diversi, ma entrambi sbagliati.

Il risultato è che, negli stessi canali social, i marchi vinicoli sono surclassati da marchi di birre e superalcolici. E molto raramente, nella percezione degli utenti,  il vino coincide con un concetto di dinamismo, interattività, divertimento o innovazione. Eppure, dice  Ryan Opaz, "oggi senza i social media non puoi sopravvivere, non c'è modo di ricacciare il genio nella lampada. E se non lo abbracci, precipiti indietro, all'età della pietra".