Economia dei blog, statistiche 2010

Non c'è dubbio che il 2010 sia stato l'anno dei social media: non solo per i già affermati Facebook o Twitter, ma anche per i nuovi Foursquare - il cui successo si prevede in crescita, parallelamente all'imporsi della moda del geotagging - Gowalla, Loopt, l'italiano Mobnotes e simili.

Tutto ciò ha portato qualche allarmista/pessimista a suonare la campana a morte per il blog; ma il blog non è morto, anzi è ben vivo.

Semplicemente, come tutti i soggetti che vivono in quell'universo liquido che è la rete, si sta evolvendo. Sta cambiando pelle. 

Una delle domande più frequenti, per esempio, è quella che riguarda il ritorno economico dell'attività di blogging. C'è chi pensa che non si guadagni nulla, e chi (pochi, a dire il vero) che invece si riescano a fare un sacco di soldi. La verità ovviamente è più articolata, e l'infographic qui a fianco [cliccare sull'immagine per ingrandire] offre un quadro esauriente e chiaro della situazione.

La prima cosa che notiamo è che la patria del blogging remunerativo (oltre che, sospetto, del blogging tout court) continua ad essere l'America nel suo complesso (Nord, Sud, Centro): da sola assomma al 73 per cento della blosphere.

Dal 2009 al 2010 è calato il numero dei bloggers hobbysti, di quelli cioè che hanno aperto un blog per passatempo, per parlare di se stessi e dei loro interessi: la loro attività di blogging non è remunerativa, ma del resto gli obiettivi in questo caso sono altri. Diversa la situazione dei liberi professionisti, aumentati dal 9 per cento al 21 per cento: il blog in questo caso è uno show room di competenze professionali, un hub di informazioni per il proprio settore (o per lo meno, si sforza di esserlo), oltre che un canale di self marketing, quindi gli sforzi profusi non sono indifferenti. Se il blog è usato in maniera professionale, non diverso appare il comportamento di queste persone sugli altri social media, compresi Facebook e Twitter: del resto, quando rientrano in una strategia di social media marketing finalizzata a ottenere obiettivi precisi, anche quelli che a molti appaiono come dei formidabili perditempo si rivelano invece strumenti molto efficaci per un'azienda o un professionista: non a caso, più della metà dei liberi professionisti usa Facebook come canale di marketing per la propria attività. 

Tra gli indici al ribasso, notiamo invece che è calato il già esiguo numero delle persone impegnate in un'azienda che bloggano per la stessa. 

I motivi possono essere molti, dallo spostamento di strategia social su altre piattaforme, all'abbandono della stessa; fare social media marketing richiede infatti tempo, competenze, passione, costanza, e soprattutto un piano di marketing e comunicazione molto preciso. In assenza di anche solo uno di questi requisiti, il rischio della delusione e del fallimento è molto alto. 

(via Social Media Analyst)