Enoturismo al (quasi) via: 3 errori da evitare

Calamite.JPG

E’ ormai un anno che abbiamo a che fare con un’emergenza sanitaria mondiale che ha stravolto la vita di tutti. E’ realistico pensare che non se ne andrà tanto presto, dobbiamo imparare a conviverci e considerare certe “nuove” abitudini (distanziamento sociale, mascherine, lavaggi delle mani frequenti…) la nostra normalità. Cercando e affinando, semmai, nuovi modi per interagire con gli altri. Ciò premesso, e in attesa che sia possibile tornare a viaggiare anche solo tra regioni, si potrebbe approfittare di questo tempo per mettere a punto l’accoglienza turistica della propria azienda, risolvendo una serie di errori che continuiamo a veder ripetere in giro. Eccone alcuni.

1) Immagine aziendale (s)coordinata. Non si tratta solo di usare nastri adesivi da pacchi con il logo dell’azienda aggiornato all’ultimo restyling, (piuttosto di quello con il logo precedente per esaurire la scorta, come ci capita di vedere). E’ una questione di attenzione a tutti i particolari. Quando si entra in una cantina, ogni oggetto finisce per trasmettere una certa immagine, e questa dev’essere esattamente quella il produttore intende. Pasticciare con grafiche e colori, senza preoccuparsi di allineare alla brand identity ufficiale i materiali che si usano abitualmente (carta da lettera, bolle, scontrini, adesivi, biglietti da visita, insegne…) trasmette al visitatore o al cliente un senso di confusione e di scarsa professionalità. Nel dubbio, meglio rivolgersi ai professionisti. Per una soluzione veloce, in rete sono molti i siti che si occupano di materiali di comunicazione aziendale e non (come questo, o questo, )*.

2) Disinteressarsi di chi si ha davanti. Quando le visite enoturistiche sul territorio potranno riprendere, le presenze in cantina saranno giocoforza contingentate. Un motivo in più per rendere l’esperienza ancor più su misura. Cosa che non può avvenire, se quando arrivano le persone nessuno si preoccupa di chiedere a ciascuno di loro alcune informazioni di base, e di scambiare due veloci parole sulla loro conoscenza del vino o sul motivo che le ha portate a scegliere quella cantina.

3) Ignorare il follow up. In passato, quando visitavamo qualche cantina estera, a distanza di un paio di giorni o poco più dalla visita l’azienda ci mandava una mail di ringraziamento (a volte anche un questionario sul gradimento della visita stessa). Alcune non ci hanno mai cancellato dal loro database, e ogni anno puntualmente ci inviano gli auguri di Natale. Altre la loro newsletter stagionale. In Italia… non ricordo ci sia mai successo.E invece, anche questo è un segno dell’attenzione di una cantina nei confronti dei suoi consumatori.

Come si vede, si tratta di mancanze facilmente risolvibili. Non costano quasi nulla, ma hanno grandi effetti, tutti positivi.

* nella foto di apertura, alcune calamite con il nostro logo.