I big data nel mondo del vino
/C'è un oggetto misterioso che da un po' di tempo imperversa nel web e negli incubi di molti: i big data. Cosa sono? Quello che dice il nome. Dati. Enormi, mostruosi aggregati di dati e informazioni. Nel 1999, una ricerca della Barkeley's School of Information aveva rivelato che fino a quel momento erano stati prodotti circa un miliardo e mezzo di gigabytes di informazioni - cifra raddoppiata appena 3 anni dopo. Oggi pertanto il dato di fatto è incontrovertibile; aziende e persone devono imparare ad affrontare - e a gestire - la sfida delle "3V": volume, varietà e velocità dei dati. Ciò premesso, cosa ha a che fare tutto questo con il bucolico mondo del vino? Tutto, perché, poesia a parte, anche quello del vino è un mondo fatto di tanti dati - come ben sanno gli enologi. Imparare a gestirli, a prevederli, a usarli è diventato cruciale già adesso.
Tralasciando il settore della produzione per limitarci a quelli dei soli marketing e comunicazione, conoscere e saper gestire grandi masse di dati può voler dire la differenza tra il successo e il fallimento del lancio di un nuovo vino, del restyling di una etichetta, del posizionamento di un prodotto. Una ricerca di qualche anno fa, presentata al Vinitaly, aveva evidenziato come, quando si tratta di prendere delle decisioni relative a marketing e comunicazione, i produttori italiani si affidano spesso e volentieri alla loro proverbiale fantasia, procedendo d'istinto, senza alcuna pianificazione o scientificità. Se poi le cose vanno ugualmente a buon fine, anziché accendere un cero per l'avvenuto miracolo per grazia divina, finiscono per convincersi ancora di più di non aver bisogno di persone competenti e dedicate a questi settori. Con l'avvento delle nuove tecnologie e dei sistemi mobili, la generazione e il flusso di big data sono perfino aumentati : ma questo, anziché rappresentare un problema, dovrebbe essere visto come una straordinaria opportunità. Nei big data infatti risiedono le risposte a tutte le possibili domande che un produttore può farsi: sono come una miniera, ricchissima di tutte le informazioni, i trend, le anticipazioni di cui si può aver bisogno in materia. Occorre solo saperle cercare, leggere, interpretare e tradurre in scelte operative e azioni.
Non è un affare di poco, e soprattutto non è da tutti; servono (di nuovo!) persone ancora più esperte e preparate. Qualche strumento alla portata di tutti però già esiste: uno è VinTank, ora noto con l'acronimo TMRW engine, di cui si possono trovare info anche qui. Si tratta, come più volte spiegato, di un potente cruscotto che tiene sotto controllo tutto quello che si dice di un brand, di un vino, di una denominazione. Un modo per sapere chi parla di chi, - quando, come, dove e perché - e per aprire direttamente un dialogo.
Un altro modo, limitato per ora solo al mondo USA, è il primo report edito da una startup di recente fondazione, Enolytics, dedita proprio alla raccolta e all'analisi dei big data del mondo del vino. In partnership con l'app Hello Vino, la fondatrice di Enolytics, la giornalista Cathy Huyghe, si è concentrata su un singolo aspetto tra i molti che poteva analizzare fra gli oltre 2 milioni di dati fornitigli da Hello Vino: il timing. Esiste un wine o'clock dei consumatori americani? Un particolare arco di tempo in cui le persone appaiono più ricettive al consumo e al racconto del vino? Sì, esiste, anche se cambia a seconda del luogo o dell'età. Conoscerlo e saperlo sfruttare per pianificare particolari azioni di promozione e vendita (advertising, selling), racconto (storytelling) o coinvolgimento (engagement) delle persone può significare il successo delle vendite di un vino o dei rapporti diretti con i consumatori - oppure il loro fallimento. Per chi esporta negli USA, insomma, questo è un report che vale la pena studiare.
Per nostra sfortuna, infatti, nel mondo di oggi l'italica fantasia da sola non basta più: sempre più spesso ha bisogno anche di robuste dosi di scienza. Questo dei big data (e del loro uso) è uno di quei casi.